L’apostolo dello Stato

In occasione del 38° anniversario dell’omicidio a Palermo da parte della mafia del Prefetto Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa (medaglia d’oro al valor civile alla memoria), di sua moglie Emanuela Setti Carraro (medaglia d’oro al merito della Croce Rossa Italiana alla memoria) e dell’agente della Polizia di Stato di scorta Domenico Russo (medaglia d’oro al valor civile alla memoria), è bene ricordare quello che Dalla Chiesa disse in relazione al potere dello Stato:

“Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti.”

Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

Saluzzo 27/9/1920 – Palermo 3/9/1982

Non solo parole

Nella pubblicistica della Difesa italiana, un posto particolare, con la sua diffusione di 28.000 copie/numero, è ricoperto da IL CARABINIERE la Rivista istituzionale dell’Arma dei Carabinieri.

Fondata nel lontano 1872, dopo inevitabili rimaneggiamenti nel tempo che però ne hanno sempre garantito l’identità, l’attuale edizione risale al 1948.

Edita in 11 numeri mensili dall’Ente editoriale per l’Arma dei Carabinieri, si propone (attraverso contenuti d’attualità, culturali e d’informazione professionale) di divulgare presso l’opinione pubblica (ma anche nei confronti dei propri appartenenti) la conoscenza dell’Arma Benemerita e dei suoi imperituri valori.

La cultura militare, di cui IL CARABINIERE è anche illustre espressione, rappresenta il terreno fertile in cui vive e prospera ogni Istituzione militare e la pubblicistica di settore ne è un mezzo di cura e diffusione irrinunciabili.

Distribuita solo attraverso abbonamento, fedele abbonato e vorace lettore per una vita è stato un semplice cittadino, tra i tanti, che da questa lettura non solo trovava giovamento alle sue curiosità culturali ma soprattutto appagamento della sua ricerca di un possibile mondo migliore: questo lettore si chiamava Ottavio Di Santo (1934 -2020) ed era mio padre.

Sempre presenti

Il capitano Emanuele Basile aveva 30 anni quando venne ucciso dalla mafia a Monreale (Palermo) il 4 maggio 1980, oggi 40 anni fà. Stava assistendo, in compagnia della moglie, alla festa patronale ed aveva la figlioletta di 4 anni in braccio quando gli spararono alle spalle.

Era il comandante della locale Compagnia dei carabinieri e si era molto impegnato nella lotta all’organizzazione criminale, riportando diversi successi. Per il suo impegno, il capitano Basile verrà insignito della Medaglia d’oro al valor civile alla memoria.

Emanuele Basile aveva strettamente collaborato con il giudice Paolo Borsellino, allora Sostituto Procuratore a Palermo, che morirà nel capoluogo siciliano, anch’egli ucciso dalla mafia, dodici anni dopo, insieme ai 5 agenti di Polizia di scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Basile sarà sostituito nel comando della Compagnia dal capitano Mario D’Aleo che cadrà anche lui (insieme a altri due carabinieri, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici) sotto i colpi assassini di Cosa Nostra tre anni più tardi.

Tutti caduti nella guerra per la civiltà e giustizia. Ciascuno è presente nella nostra memoria. Sempre.

Missioni di un tempo

Le missioni per la pace e la sicurezza internazionali che vedono attualmente il grande impegno dell’Esercito italiano (e delle altre Forze Armate) nel mondo hanno importanti precedenti che pochi conoscono.

Un corpo di spedizione militare italiano (con larga partecipazione di Carabinieri) sbarcó a Suda (isola di Creta) il 25 aprile 1897 per pacificare l’isola greca dopo la sollevazione della popolazione contro il dominio ottomano.

Il 14 luglio 1900 inizió la partecipazione italiana alla missione militare internazionale in Cina per reprimere le violenze dei Boxer contro i cittadini e le proprietà europee. Al comando del contingente italiano di circa 2.000 uomini c’era il Colonnello Vincenzo Garioni (1856 -1929).

Anche in tempi lontani, il contributo dell’Esercito italiano per la stabilizzazione di situazioni di crisi internazionale è stato essenziale e decisivo.

Sereno Santo Natale!

Scrivo brevemente queste due righe per augurare a tutti i lettori del Blog un sereno Santo Natale, nel nome di Colui che …luce dona alle menti/e pace infonde nei cuor.

Accompagno i miei più fervidi auguri con l’immagine di due soldati che rappresentano le migliaia di militari italiani impiegati in Patria (7.500 unità) all’estero (5.800 unità): perchè la sicurezza e la pace vanno difese in ogni momento…e loro ci sono sempre!

Auguri e grazie

Franco Di Santo

Carabinieri da eliminare

Il 7 ottobre ricorrono i 75 anni dalla deportazione in Germania dei Reali Carabinieri ad opera delle truppe occupanti tedesche. Un episodio poco noto, che costituisce un esempio tipico della fedeltà e del sacrificio, che anche un corpo di polizia militare come l’Arma dei Carabinieri ha espletato e continua ad espletare nei propri oltre due secoli di storia istituzionale. A ricordo di tale esperienza, inizio di quel lungo cammino, che ha riguardato centinaia di migliaia di Internati Militari Italiani (IMI), è uscito per i tipi delle Edizioni Chillemi il volume di Enrico Cursi “Carabinieri da eliminare”. Proponiamo qui la postfazione dello storico Giovanni Cecini, amico del nostro blog, che ci ha indicato l’importanza di questa ricorrenza storica.

Alla fine della presente narrazione, che ha sviluppato tutte le sfaccettature dell’azione dei militari dell’Arma contro l’arbitrio e la sopraffazione della Wehrmacht, sgorga nell’animo del lettore un grande senso di pietà e di riconoscenza. Nelle pagine del volume di Enrico Cursi, sembrano rivivere le intense iniziative del legittimo Comando Generale e delle dipendenti unità centrali o territoriali, volte tutte a mantenere il pieno controllo della delicata situazione, creatasi in quella calda estate 1943. L’arresto di Mussolini prima e la successiva uscita dalla guerra dell’Asse poi ebbero infatti come immediato effetto lo sbandamento psicologico di una Nazione, prima che quello materiale, dovuto anche alla pronta e calcolata reazione bellica tedesca.
I carabinieri, catapultati come tutti gli altri militari e il Paese intero alla prova dei fatti in un sostanziale quanto larvato ribaltamento d’alleanza, hanno preso sin da subito le armi e condotto uno scontro aperto contro l’aggressività germanica. Come non mai, nelle intense ore dell’8 e 9 settembre si confermò quell’esistenziale binomio funzionale, derivante dal doppio ruolo di arma combattente e di corpo di polizia, affidato sin dalla sua costituzione all’Arma dei Carabinieri. In ciò il Comando Generale (finché esso ebbe vita) poté contare sul valido supporto di ufficiali dall’alto profilo morale e professionale. Grazie ad essi i comandi territoriali hanno potuto reggere anche di fronte alle reiterate minacce tedesche, volte tutte a depotenziare con gradualità l’autorevolezza e la saldezza di spirito dei militari dell’Arma. Questo ultimo bieco proponimento non ebbe il risultato sperato. I carabinieri oggetto di narrazione, sia che fossero in servizio attivo permanente o richiamati, hanno dato invece un loro incorrotto e valido contributo alla salvaguardia dell’ordine pubblico e della continuità dello Stato. Emblematico il tortuoso salvataggio della bandiera di guerra dell’Arma. Tutto ciò avvenne nonostante la grande confusione, derivante dall’intempestiva proclamazione dell’armistizio, nonostante le repentine (e anzi spesso preventive) misure draconiane tedesche e infine nonostante l’abbandono della Capitale delle più alte cariche politiche e militari dello Stato legittimo.
L’ordine di disarmo, disposto dalle ricostituite istituzioni fasciste, divenne il momento delle scelte: accettare passivamente gli eventi o predisporre nel miglior modo un’azione ostruzionistica verso la prepotenza e l’arbitrio dei comandi germanici. Una volta chiusa l’esperienza di resistenza attiva contro i tedeschi e la seguente cessazione delle ostilità, siglata dalle residuali istituzioni monarchiche presenti nella Capitale, i carabinieri gestirono l’emergenza in modo composto e votato sempre alla salvaguardia della popolazione e dell’ordine pubblico. Creando un reticolo di collegamenti ufficiali od ufficiosi, le unità territoriali ebbero il grande coraggio di tenere testa all’ex alleato, sempre più galvanizzato dalla rapida occupazione di Roma, delle zone limitrofe e dalla liberazione di Mussolini.
Il successivo disarmo fu l’anticamera dell’eliminazione dei carabinieri, come ci indica il titolo del volume. Il preciso racconto della deportazione diventa quindi una struggente carrellata di testimonianza di quel che i carabinieri dovettero patire, ancor prima di essere costretti nei campi detentivi. Già sapendo che la destinazione sarebbe stata la Germania, il lettore è stato condotto lentamente e con un crescendo di commozione al seguito di quei poveretti, vessati da mille tribolazioni. Il lungo peregrinare, causato in tempo di guerra dalle difficili linee di comunicazione, si trasformò in un’anticipata agonia. Alcuni di loro, percorrendo in carri bestiame un percorso tortuoso e allucinante (durato ben 7 giorni!), che ha toccato tra l’altro Firenze, Bologna, Modena, Genova, Ventimiglia, Marsiglia, Lione e infine Monaco di Baviera, arrivarono stremati ancor prima di iniziare il loro inferno personale. Infatti solo allora in qualità di internati militari, ossia una finzione giuridica che toglieva agli italiani i diritti riconosciuti invece dalle convenzioni internazionali ai prigionieri di guerra, prendeva avvio la lunga marcia verso l’ignoto.
Insomma la narrazione ci ha offerto uno spaccato inedito, ma non per questo avulso dalla proverbiale missione di fedeltà, insita nell’istituzione dei Carabinieri. La scelta, di ritenere l’onore verso il giuramento prestato come massima direttrice delle proprie azioni, testimonia oggi come ieri l’esempio più concreto di come gli appartenenti alla Fedelissima esplichino il proprio servizio fino all’estremo sacrificio. Per molti dei carabinieri di quel settembre-ottobre 1943 significò la morte, per altri l’atroce destino nei campi di prigionia, per altri ancora la fuga verso un futuro di ulteriore lotta, questa volta in clandestinità. Se oggi viviamo in una Repubblica libera e democratica, lo dobbiamo anche a questo loro silenzioso sacrificio.

Giovanni Cecini

La prima volta

La Legge n. 382 dell’11 luglio 1978 intitolata Norme di principio sulla disciplina militare stabiliva all’articolo 1, tra i compiti delle Forze Armate, il concorso dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica nella salvaguardia delle libere istituzioni.

Questa previsione normativa discendeva dai tragici fatti del sequestro dello statista Aldo Moro (16 marzo – 9 maggio 1978) e l’uccisione della sua scorta (i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci nonchè le Guardie di Pubblica Sicurezza Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) da parte delle Brigate Rosse.

Durante il sequestro infatti, per la prima volta nella storia repubblicana, l’ Esercito venne impiegato per ragioni di ordine pubblico.

Seimila soldati, perlopiù appartenenti alla Brigata Granatieri di Sardegna, vennero impiegati per il controllo e il presidio del territorio sulla base di una norma che consentiva eccezionalmente all’autorità giudiziaria di richiedere l’intervento della Forza Armata.

L’eccezionalità di quel tempo è oggi divenuta, grazie a tale drammatica esperienza, una possibilità contemplata dalle norme (Decreto legislativo 15 marzo n. 66 Codice dell’ordinamento militare e Decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n. 90 Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) che disciplinano il normale impiego dell’Esercito, per l’appunto attualmente impegnato su tutto il territorio nazionale con l’Operazione di ordine pubblico Strade Sicure per garantire la sicurezza di tutti i cittadini.

La canzone del Tenente

Sanremo è sempre Sanremo e anche chi scrive vuole dare atto che il Festival della canzone italiana, che annualmente in questo periodo si svolge nella bella cittadina della Riviera ligure, è una delle manifestazioni culturali proprie dell’identità italiana.

Sul palcoscenico del Teatro Ariston venne presentata dal compianto e grande artista Giorgio Faletti (1950 – 2014) una canzone che arrivò seconda nella competizione del 1994 (la 44^ edizione) e riscosse un ampio successo di pubblico: s’intolava Signor Tenente.

La canzone narra la storia di un (probabile) carabiniere che si rivolge ad un suo superiore raccontandogli la propria quotidianità in servizio e lo sconvolgimento avuto nell’apprendere la notizia delle stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992 dove morirono i giudici Giovanni Falcone (con la moglie Francesca Morvillo) e Paolo Borsellino, con le rispettive scorte (8 caduti in totale). In questa prospettiva, la canzone rappresenta anche una evidente testimonianza storica dell’epoca.

Da queste stragi nacque l’Operazione Vespri Siciliani che vide dal 1992 al 1998 il massiccio impiego dell’esercito in Sicilia per il controllo del territorio: una delle storie di maggior successo dell’esercito italiano nel secondo dopoguerra che diede un contributo fondamentale alla lotta dello Stato contro la criminalità organizzata siciliana.

Fedeli al cielo

A Torino, nella magnifica cornice dello splendido Palazzo Lascaris, è stato ieri presentato il libro Carabinieri Aviatori a Torino che merita indiscutibilmente di essere conosciuto.

Scritto e curato dal Maggiore dei Carabinieri Medaglia di Bronzo al valor militare Francesco Golini, già comandante del 1° Nucleo elicotteri Carabinieri di Volpiano (Torino), narra in modo approfondito e scorrevole (nonchè con un avvincente apparato iconografico) il contributo dell’Arma alla nascita e affermazione dell’aviazione militare italiana.

Di estremo interesse è l’ampia parte dedicata all’asso dell’aviazione della Grande Guerra Ernesto Cabruna (1889 -1960), ufficiale dell’Arma e medaglia d’oro al valor militare, appartenente al Battaglione aviatori del Regio Esercito, precursore dell’Aeronautica militare italiana (che verrà fondata poi nel 1923).

Il libro inoltre si sofferma sulla storia del 1° Nucleo elicotteri Carabinieri, tratteggiandone l’opera meritoria e determinante non solo nei confronti dell’attività operativa dei Carabinieri ma anche, e soprattutto, nei confronti delle popolazioni del Piemonte e Valle d’Aosta.

Il libro è scaricabile gratuitamente in formato pdf dal sito http://www.museoagusta.it

Un’ ultima annotazione di carattere personale che desidero condividere con i lettori di questo Blog: chi scrive nutre per l’autore una profonda ammirazione dalla quale, da sempre, traggono ispirazione molte scelte (e dunque fatti) della propria esistenza.

Questo libro costituisce un’ulteriore testimonianza delle virtù di un uomo che ha fatto di sè un costante e generoso esempio per gli altri di uomo libero, buon cittadino e valoroso soldato al servizio dello Stato.

Più alto e più oltre, amico mio!

Purissimo eroismo

Il 23 settembre 1943 a Palidoro, in provincia di Roma, il Vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto (1920-1943) si offriva alla fucilazione da parte dei tedeschi al posto di 22 cittadini minacciati di morte come rappresaglia per l’uccisione (da parte d’ignoti) il giorno precedente di 2 soldati tedeschi. Non era colpevole ma si autoaccusò per salvare gli innocenti ostaggi. Nei giorni caotici e drammatici che seguirono il tragico 8 settembre 1943 (proclamazione dell’armistizio con gli alleati), questo giovane sottufficiale dei Carabinieri, come altri ma non tutti, seguì la strada del coraggio e della coscienza di sé. Possa il suo ricordo essere sempre d’ispirazione per tutti i servitori dello Stato.

Per il suo eroico gesto, il Vicebrigadiere D’Acquisto verrà insignito della Medaglia d’oro al Valor militare con la seguente motivazione:

«Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme a 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma.»
— Torre di Palidoro (Roma) 23 settembre 1943