L’intellettuale dell’aria

Dal Generale Mario Ventrone riceviamo e volentieri pubblichiamo questo breve ma interessante profilo biografico del Generale Giulio Douhet principale teorico della guerra aerea.

Figura forse non molto nota se non ai cultori di storia militare e di studi strategici soprattutto in campo aereonautico, in realtà Giulio Douhet meriterebbe più ampia fama e, soprattutto, dovrebbe essere un vanto dell’Artiglieria italiana atteso che, pur se ricordato come Generale dell’Arma Azzurra egli nacque come artigliere e in artiglieria servì per buona parte della sua vita militare.

Ma Giulio Douhet fu anche un intellettuale i cui interessi e la cui curiosità non si limitavano al solo ambito militare ma spaziavano in altri campi.

 Nacque a Caserta il 30 maggio del 1869. Il padre Giulio, combattente nelle guerre d’Indipendenza come Ufficiale farmacista, aveva scelto la cittadinanza italiana nel 1860, all’atto della cessione di Nizza e della Savoia a Napoleone III.

Evidentemente attratto dalla vita militare, a tredici anni fu allievo del Collegio militare di Firenze e quindi, quattro anni dopo, frequentò la Regia Accademia Militare di Torino e la Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio da cui uscì, con il grado di Tenente d’artiglieria, nel 1890; prestò quindi servizio presso il 5° reggimento artiglieria da campagna. Dopo la frequenza della Scuola di Guerra di Torino, fu promosso “a scelta” Capitano e transitò nel Corpo di Stato Maggiore. Nel 1910 fu promosso, ancora una volta “a scelta”, Maggiore e, come da regolamento all’epoca vigente fu assegnato ad altra Arma, più precisamente nel Corpo dei bersaglieri. Nel frattempo, aveva cominciato a scrivere di cose militari: tra il 1904 e l’anno successivo pubblicò sul quotidiano genovese Caffaro una serie di articoli sulla guerra russo – giapponese (lo storico Giorgio Rochat gli riconosce la capacità di averne colto gli “elementi di novità”, in primis le innovazioni tecnologiche). L’attività pubblicistica continuò nel 1910 con la pubblicazione di sei articoli su “I problemi dell’aeronavigazione”. Ebbe il merito di aprire la discussione sullo sviluppo dell’aviazione e, soprattutto, sul suo possibile ruolo in guerra. Fu proprio questo suo precipuo interesse che gli valse il trasferimento al battaglione aviatori di Torino come Comandante in seconda, con il compito, fra gli altri, di approfondire le possibilità di impiego della nuova arma. Tenne successivamente il comando del battaglione, anche dopo la promozione a Tenente Colonnello. In questi anni scrisse le “Norme per l’impiego degli aeroplani in guerra” e si dedicò all’addestramento dei reparti di volo e al miglioramento dei materiali, in stretta collaborazione con l’ing. Caproni.

Alla fine del 1914 Douhet presentò le dimissioni dal servizio, che però ritirò dopo poco. Non fu richiamato nella nuova arma ma fu destinato all’incarico di Capo di Stato Maggiore della 5^ Divisione, inizialmente a Milano e quindi in zona di guerra. Fu promosso Colonnello e destinato alla zona Carnia, come Capo di Stato Maggiore. Non smise di sostenere la necessità della creazione di una forte flotta da bombardamento né di criticare la condotta della guerra, anche nei rapporti con alcuni ministri, in particolare con Leonida Bissolati (ministro senza portafoglio nel governo Boselli e ministro dell’Assistenza militare e pensioni di guerra nel governo Orlando), cui indirizzò una prima memoria critica nei confronti del Gen. Cadorna e una successiva, inviata anche ai ministri Sonnino e Ruffini, ancor più polemica, una copia della quale giunse al Comando Supremo. Douhet fu quindi arrestato e deferito al Tribunale Militare di Codroipo, che lo condannò a un anno di fortezza, a Fenestrelle. Scontata la pena nell’ottobre del 1917, fu congedato d’autorità anche se nel dicembre dello stesso anno fu richiamato in servizio come capo della Direzione Generale di Aviazione. Nel giugno del 1918 rassegnò le dimissioni e concluse la sua carriera nell’Esercito. Nel 1920 il Tribunale Supremo di Guerra e Marina annullò la condanna del 1916, accogliendo la tesi, che Douhet aveva già espresso nella sua autodifesa (pubblicata nel dopoguerra insieme ai documenti che gli costarono la condanna), che la consegna di documenti a un ministro non costituisse violazione del segreto militare. Fu richiamato in servizio, promosso Maggior Generale con anzianità 1917 ma contestualmente posto in aspettativa perché non idoneo al grado superiore “per carattere” (si colgono, in questa motivazione, gli echi delle inchieste alla quali fu sottoposto quando era al comando del battaglione aviatori ma anche, come scrive Rochat, “i giudizi negativi degli alti comandi sul suo difficile temperamento, sulle sue aspre polemiche con i superiori e sulla battaglia politica che aveva intrapreso”). Nel 1923 fu promosso Generale di Divisione, sempre in aspettativa.

Cessato il servizio iniziò una intensa attività pubblicistica, con la quale rivendicò sempre il ruolo preminente dell’arma aerea. Già nel 1921, con il parere favorevole del Generale Diaz, era stato pubblicato il suo libro più famoso (“Il dominio dell’aria”), in cui sosteneva che “per assicurare la difesa nazionale è necessario mettersi nelle condizioni di conquistare, in caso di conflitto, il dominio dell’aria”, chiedeva la costruzione in grandi serie di due tipi soltanto di apparecchi: l’aereo da caccia, armato con mitragliatrici e parzialmente blindato, per distruggere l’aviazione nemica;  l’aereo da bombardamento, capace di trasportare 2 tonnellate di bombe a 200-300 km di distanza, con il compito di sfruttare il conquistato controllo dei cieli.

La teoria della guerra aerea di Douhet ebbe grande risonanza all’estero, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, fino a essere considerata una delle componenti fondamentali dei grandi bombardamenti alleati sulla Germania (per inciso, quando gli Alleati bombardano Caserta, lanciarono anche volantini con i quali invitavano gli abitanti a ringraziare il loro concittadino).

In ogni caso, alla teoria deve essere riconosciuto il valore delle geniali e visionarie anticipazioni sulle possibilità dell’aviazione, pur nei limiti tecnici e politici caratteristici del suo tempo.

Deve essere ascritto a merito di Douhet anche l’aver lanciato l’idea, dalle colonne del “Dovere”, settimanale da lui edito e diretto, di erigere nel Pantheon una tomba al Soldato ignoto “simbolo della grande vittoria ottenuta malgrado i limiti dei dirigenti politici e militari”.

Douhet morì il 15 febbraio 1930 a Roma ed è sepolto nel cimitero del Verano.

 

L’Aeronautica Militare ha intitolato al grande, visionario teorico dell’impiego dell’arma aerea (che peraltro non conseguì mai il brevetto di volo) la propria scuola militare a Firenze.

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