La regina delle artiglierie

Dal Colonnello Vincenzo Stella riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo sulla bombarda che contribuì alla conquista ottomana di Costantinopoli il 29 maggio 1453.

 Il 29 maggio 1453 gli ottomani conquistarono Costantinopoli ponendo così fine al secolare impero bizantino. Nell’assedio che precedette la caduta, il sultano Maometto II impiegò il pezzo di artiglieria più grande del tempo, una bombarda passata alla storia con l’appellativo di “Basilica”.

Si trattava di una bombarda talmente gigantesca che era composta da due parti, fuse separatamente, la camera a polvere e la canna. La bombarda veniva assemblata dopo il trasporto e raggiungeva una lunghezza totale di 9,2 metri. Impiegava 177 kg di polvere da sparo per lanciare palle di granito, dal diametro di 752 mm e dal peso di 600 kg, fino a 1500 metri. La cadenza di tiro era di 5-8 colpi al giorno. Per essere ricaricata erano necessarie almeno 2 ore e doveva essere raffreddata con olio di oliva. Per colpire le mura con la più alta velocità di impatto possibile, la bombarda fu schierata a 500 metri dalle mura e fuori dalla portata dei balestrieri del comandante della difesa bizantina Giovanni Giustiniani Longo (400 metri). L’energia cinetica con cui colpiva le mura può essere paragonata agli effetti delle moderne munizioni di artiglieria. Infine, da non sottovalutare gli effetti psicologici causati dagli effetti sonori dello scoppio e dell’impatto sulle mura delle palle di granito.

Il suo costruttore, Orban, artigliere e fonditore cristiano ungherese, morirà durante l’assedio a seguito dell’esplosione di una delle sue bombarde.

Un piccolo grande contributo

È di queste ore la notizia che la Nuova Zelanda addestrerà in Gran Bretagna 230 militari ucraini all’uso degli obici leggeri M119 con un calibro da 105 mm.

Il contingente neozelandese incaricato dell’addestramento sarà solo di 30 soldati ma il valore politico- militare di questa attività è molto alto per lo Stato dell’Oceania.

Non sempre sono necessari grandi numeri per mostrare il proprio valore. Basta ricordare la 2^ Divisione neozelandese (inquadrata nell’8^ Armata britannica) nella campagna d’Italia 1943 -1945: una unità relativamente piccola che combatté con coraggio e sacrificio per la liberazione del nostro Paese.

Attualmente il New Zealand Army dispone di una forza di 6.771 donne e uomini (4.659 in servizio e 2.112 in riserva). Il motto dell’Esercito neozelandese, espresso in lingua maori, in italiano si traduce in “Tribù del Dio della guerra”.

Abu Tabela

Non solo militari britannici, tedeschi e francesi furono scelti a condurre eserciti stranieri. Come abbiamo già scritto su questo Blog, anche diversi soldati italiani (Gian Battista Rubino Ventura, Gerolamo Emilio Gerini) si ricoprirono di gloria al comando di truppe straniere.

Alla schiera si aggiunge oggi il Generale Paolo Avitabile (1791 – 1850), ufficiale dell’esercito del Regno delle Due Sicilie che divenne famoso in Oriente quale comandante (col nome leggendario, ai giorni nostri ancora ricordato in quei territori, di Abu Tabela) delle truppe del Maharaja Ranjit Singh fondatore dell’impero Sikh.

Governatore della città di Peshawar e fondatore della città di Wazirabad (entrambe nell’odierno Pakistan), fu richiesto dai britannici durante la prima guerra anglo- afghana (1839 -1842) cui offrì un apporto fondamentale.

Originario di Agerola (nella provincia di Napoli, sui Monti Lattari) vi fece ritorno alla fine della carriera militare per morirvi nel 1850.

È sepolto nella chiesa cinquecentesca di San Martino Vescovo nella frazione Campora di Agerola.

Il servizio di Leva in Italia

Il servizio militare di leva in Italia è durato fino al 1° gennaio 2005 e gli ultimi cittadini (maschi) chiamati ad assolverlo sono stati quelli della classe di leva del 1985 ossia i cittadini nati fino al 31.12.1985. Attualmente il servizio di leva (previsto dall’art. 52 della Costituzione) è sospeso (ma non abolito) per effetto della Legge n. 226 del 23 agosto 2004: ciò significa che in ogni momento, per legge, potrebbe essere reintrodotto.

Centrali per le operazioni connesse al servizio di leva erano i 34 Consigli di Leva distribuiti su tutto il territorio nazionale.

I consigli di leva accertavano l’idoneità al servizio militare dei cittadini iscritti nelle liste verificate dagli Uffici di leva. Si riunivano in locali messi a disposizione dai Comuni. Contro le loro decisioni era possibile rivolgersi al Ministero della Difesa (entro 90 giorni). I Consigli di leva erano incaricati di pubblicare in tutti i Comuni compresi nel territorio della propria giurisdizione, attraverso gli Uffici di leva e i Comuni stessi, il manifesto, firmato dal presidente del Consiglio di leva, con il quale si ordinava la leva e si indicavano il luogo, il giorno e l’ora di riunione per le varie operazioni. I Consigli di leva procedevano alla verifica della liste di leva dei vari Comuni e le aggiornavano con eventuali ulteriori iscrizioni o cancellazioni. Eventuali iscritti risultati non idonei al servizio militare erano inseriti in appositi elenchi approvati con decreto del Presidente della Repubblica, con la specifica delle imperfezioni e le infermità che determinavano la non idoneità al servizio militare. Gli iscritti risultati temporaneamente non idonei erano rinviati e considerati rivedibili, alla successiva leva, e poi eventualmente riformati. I Consigli di leva rilasciavano, ad ogni iscritto riformato o rimandato quale rivedibile, la dichiarazione di riforma o quella di rivedibilità; inoltre dichiaravano renitenti gli iscritti che non si presentavano alla visita per l’arruolamento. Al momento dell’arruolamento venivano compilati due fogli originali matricolari per ogni soldato, il primo originale era custodito nella sezione matricola del Corpo di appartenenza, il secondo originale dal reparto a cui il militare era assegnato. Al momento del congedo i due fogli matricolari erano restituiti al Distretto di leva dell’interessato. I Consigli fornivano ai distretti militare i dati necessari per preparare i ruoli matricolari.

I consigli erano formati da un presidente, due periti “selettori attitudinali” (un ufficiale dell’Esercito in servizio permanente, di grado non inferiore a capitano e un ufficiale medico), un segretario (commissario di leva o ufficiale dell’Esercito).
Le attività dei Consigli di leva sono cessate dal 1° gennaio 2005, in attuazione della Legge 226/2004 e successivo Decreto Ministeriale del 20 settembre 2004, in base ai quali l’ultima chiamata alle armi era prevista per il 31 dicembre 2004 mentre l’ultima chiamata alla visita di leva per gli appartenenti alle classi 1985 e precedenti al 30 settembre 2004.

Per approfondire l’argomento si consiglia, come testo fondamentale, la “Storia del Servizio Militare in Italia” di Virgilio Ilari edito in 5 volumi negli anni ’90 dalla Rivista Militare per il Centro Militari Studi Strategici (CeMiSS).

A proposito di Onore

Se qualcuno desiderasse riflettere sul concetto di Onore militare, molto aiuterebbe la visione del film “Codice d’onore” (A few good man), uscito nel 1992, con protagonisti Tom Cruise, Jack Nicholson e Demy Moore. Il film ebbe un enorme successo mondiale e fu candidato agli Oscar del 1993 come miglior film dell’anno.

Narra la storia di due Marines accusati di aver ucciso un commilitone nella base militare USA di Guantanamo- Cuba. La difesa dei due militari viene affidata ad un giovane Tenente del Navy Judge Advocate General’s Corps (JAG), avvocato esperto solo nel patteggiamento e non nel dibattimento, che in una instancabile ricerca della verità e della giustizia riesce a dimostrare che i due Marines eseguirono un ordine illegittimo impartito dai superiori nel nome di un’errata percezione dell’onore militare da parte loro.

Infatti se è vero che l’onore militare è un elemento fondante del soldato e dell’unità a cui appartiene, non va mai dimenticato che prima del soldato c’è l’uomo le cui virtù basilari ed essenziali (basti pensare alle cosiddette “Virtù Cardinali” della Giustizia, Fortezza, Temperanza e Prudenza) ne definiscono il valore e l’onorabilità, indipendentemente dal gruppo sociale di appartenenza.

È sempre bene rammentarlo, specie nei momenti difficili in cui è la scelta e la conseguente azione a fare l’Uomo.

Discorsi per unire

Giovanni Boine (1887 – 1917) fu un giovane e talentuoso intellettuale ligure che collaborò, tra l’altro, con la Rivista fiorentina “La Voce”, una delle più interessanti espressioni culturali dell’inizio novecento in Italia.

Per l’edizioni “La Voce”, Boine scrisse nel 1914 un libro intitolato Discorsi militari che divenne, per l’epoca, un vero e proprio Best seller, riuscendo a vendere più di 30.000 copie. Nel 2017 il libro è stato riedito dal Museo Storico del Trentino.

L’opera Discorsi militari, in cui Boine rielabora i temi dati per l’ammissione all’Accademia Militare nel 1914, si articola in nove capitoli: il primo capitolo è dedicato all’onore militare, il secondo alla disciplina, il terzo alla bandiera. I successivi al giuramento, alla Patria, allo Statuto e ai fattori dell’unità italiana. L’ottavo discorso verte sui doveri del soldato nel combattimento, mentre il nono costituisce una sorta di breviario della coscienza nazionale.

L’intento del libro è quello espressamente dichiarato nella controcopertina dell’opera che merita di essere riportato integralmente:

Manca al pubblico italiano conoscenza dei problemi militari, interesse e controllo delle condizioni del proprio esercito. Noi riteniamo essenziale alla vita dell’Italia questa pubblica partecipazione alla storia, ai problemi, alla vita militare. E con questa raccolta, iniziata con il presente volume, che da altri sarà seguito, ci proponiamo di collaborare, per quanto sia in noi, ad una più intima unione tra la Nazione e l’Esercito.

Parole sempre attuali.

Parlando di Giovanni Boine non si può non richiamare la figura del poeta Camillo Sbarbaro (già presente in quest Blog nella sua esperienza militare) di cui Boine recensì la prima raccolta di poesie Pianissimo con queste insuperabili parole:

Ora ecco qui una poesia, questa dello Sbarbaro, la quale ci appare il meno possibile canto di gioia e di vita, la quale non intoppa mai ricercando la bellezza, nel falso, nell’abbondevole della rettorica. Poesia della plumbea disperazione, succinto velo, scarna espressione di un irrimediabile sconforto.

Struggente partenza

Nella meravigliosa Pinacoteca di Brera di Milano è esposto un quadro del pittore garibaldino e bersagliere (partecipò anche alla Guerra di Crimea) Gerolamo Induno (1825 -1890) intitolato “Un grande sacrificio” realizzato nel 1860, l’anno della Spedizione dei Mille.

L’opera, che evoca il celeberrimo quadro “Il bacio” di Francesco Hayez realizzato nel 1859, ritrae il bacio di una mamma al figlio garibaldino in partenza per la guerra.

Gerolamo Induno, come l’altrettanto famoso fratello pittore Domenico, combatteva tra le truppe di Giuseppe Garibaldi e la sua esperienza personale gli permise di illustrare le sanguinose battaglie e nello stesso tempo dipingere opere memorabili in cui gli ideali patriottici si univano ad una esaltazione degli affetti familiari in quel connubio ideale non contraddittorio di Patria e Famiglia.

Esercito 4.0

In occasione dei 161 anni dalla fondazione dell’Esercito italiano (4 maggio 1861 con Nota del Generale Manfredo Fanti Ministro della Guerra), il Capo di Stato Maggiore Generale C.A. Pietro Serino ha rilasciato un’intervista a Marco Galluzzo del Corriere della Sera da cui traggo questa risposta relativa alla domanda sulla modernità della Forza Armata.

«Negli ultimi venti anni è stato anche un fiore all’occhiello del nostro Paese, sia dentro che fuori i confini nazionali, guadagnandosi anche la fiducia di tutti i nostri alleati e delle popolazioni con cui siamo venuti in contatto. Adesso che ci troviamo a fronteggiare missioni diverse, dobbiamo rinnovare il parco delle forze corazzate. Ci stiamo lavorando, investendo non solo su nuovi carri ed elicotteri, ma soprattutto sul munizionamento, un sistema di artiglieria con grande precisione sino a 70 chilometri. Nel campo elicotteristico ci stiamo lasciando alle spalle un parco che risaliva agli anni ’80. Le risorse ci sono e mi auguro che il Parlamento, questo come il prossimo, continui a condividere le indicazioni del ministro Guerini che crede nella necessità, per gli interessi strategici nazionali, di un ammodernamento necessario quanto efficace della forza armata, che a me piace definire Esercito 4.0».

I pretoriani dell’Est

Le truppe di frontiera (Grenztruppen – GT) costituivano un corpo di polizia ad ordinamento militare composto da circa 47.000 uomini ed erano deputati alla difesa dei confini della RDT/DDR, compresa la sorveglianza del “Muro di Berlino”. Le truppe di frontiera sorsero nell’ambito del Ministero dell’Interno come Polizia di frontiera (Grenzpolizei) nel 1946 per espresso ordine delle autorità sovietiche d’occupazione, per poi essere integrate nella NVA- Nationale Volksarmee dal 1961 al 1973 per passare infine direttamente alle dipendenze del Ministero della Difesa fino al loro scioglimento il 30 settembre 1990, tre giorni prima della riunificazione tedesca. Di fatto, le truppe di frontiera rappresentarono le prime unità armate della DDR/RDT. L’appartenenza delle truppe di frontiera alla NVA, di cui rappresentava un corpo di eccellenza (assimilabili ai pretoriani dell’antica Roma) rispondeva non solo ad una logica di difesa territoriale ma anche al desiderio, per la delicatezza dei compiti, di esercitare un’azione di comando e controllo basato sulla disciplina militare, con tutto quello ad essa era connessa. Le truppe di frontiera erano articolate in un Quartier Generale (situato a Pätz nei pressi di Berlino), 3 comandi territoriali (Nord, centro, Sud) e un comando costiero (quest’ultimo in sottordine al Comando della Volksmarine). Il comandante delle GT era un Tenente Generale che assumeva anche la carica di Vice Ministro della Difesa. Il personale militare (professionale e coscritti di leva) era inquadrato in reggimenti territoriali e unità costiere. Dipendenti dal Comando costiero vi erano delle unità particolari, uniche nella loro specie: le Brigate costiere (Grenzbrigaden Küste) le quali non solo sorvegliavano le coste ma anche i fiumi. La forza media delle truppe di frontiera durante la loro esistenza si è mantenuta intorno alle 50.000 unità, L’equipaggiamento delle truppe di frontiera era composto, oltre alle armi individuali e di reparto, anche di mezzi corazzati ed artiglierie, che però non erano schierate per non rischiare possibili gravi incidenti di confine. Le truppe di frontiera disponevano anche su un servizio aereo composto da diversi tipi di elicottero.

Circa la motivazione particolare che si riteneva dovessero avere le truppe di frontiera (e la loro conseguente particolarità nell’ambito della NVA) merita riportare una citazione tratta dal discorso tenuto dall’allora ministro della difesa della DDR/RDT Generale Heinz Hoffman il 26 agosto 1965 di fronte ai frequentatori della Scuola ufficiali (intitolata a Rosa Luxemburg) delle GT per cui “Il servizio alla frontiera rappresenta il servizio al fronte in tempo di pace”.

Le Grenztruppen svolsero un ruolo particolarmente importante durante la crisi cecoslovacca dell’estate 1968. Infatti a queste fu affidata la chiusura e sorveglianza dei confini sia con la Cecoslovacchia che con la Germania Occidentale per evitare, da un lato, la fuga di cittadini cecoslovacchi durante l’intervento sovietico, dall’altra, ogni possibile intervento esterno a favore dei cecoslovacchi da parte occidentale.

Storicamente alle truppe di frontiera va attribuita la responsabilità delle numerose uccisioni (più di un migliaio) e ferimenti tra i cittadini tedesco – orientali che tentavano di fuggire dalla DDR/RDT. Da parte loro, le truppe di frontiera contarono 29 caduti in servizio causati da morte violenta provocata per le più diverse ragioni.

Un’altra particolarità delle truppe di frontiera era che queste potevano contare, nell’espletamento dei propri compiti, su degli “ausiliari” civili denominati Grenztruppenhelfer letteralmente “aiutanti delle truppe di frontiera”. Si trattava di civili, in maggioranza membri della SED, che sorvegliavano le zone di frontiera, annotando movimenti sospetti ed avvertendo i posti di guardia delle truppe di frontiera.