Uno dei grandi condottieri italiani è stato Giovanni de’ Medici, meglio conosciuto col nome Giovanni Dalle Bande Nere (1498 – 1526), per via delle armature annerite portate dai propri soldati.
Un bel film dello scomparso regista Ermanno Olmi (1931 – 2018), “Il mestiere delle armi” uscito nel 2001, ne celebra le gesta, raccontando, con immagini di grande impatto visivo, i combattimenti che nel novembre 1526 contrapposero Giovanni Dalle Bande Nere (che combatteva per il Papa, lo zio Papa Clemente VII) al Generale imperiale Georg von Frundsberg (1473 -1528) nell’ambito delle cosiddette “guerre d’Italia”.
Durante una scaramuccia contro gli imperiali avvenuta il 26 novembre 1526 presso le antiche fornaci di Governolo (Mantova), Giovanni verrà gravemente ferito ad una gamba dal colpo di un falconetto (un cannoncino primitivo ma molto efficace) ceduto al Frundsberg (e rifiutato a Giovanni) dal Duca di Ferrara Alfonso I d’Este, contravvenendo così ai patti stabiliti col Papa di non offrire alcun ausilio alle truppe invasori di Carlo V. Alfonso d’Este lo farà per consentire il matrimonio di suo figlio Ercole con la figlia di Carlo V, la principessa Margherita.
È il predominio delle armi da fuoco che decide ormai le sorti della battaglia; di fronte a questa nuovo e micidiale (nonchè costoso) strumento di guerra nulla possono le antiche virtù militari impersonificate da Giovanni Dalle Bande Nere, di fatto l’ultimo cavaliere del tempo.
È anche il tempo in cui l’arte militare si fa scienza; testimone di ciò è la diffusione che ebbe tra i contemporanei il libro di Niccolò Machiavelli “Dell’arte della guerra”, primo trattato di strategia dell’epoca moderna (anche se scritto facendo riferimento all’esperienze belliche del passato).
Giovanni de’ Medici morirà di cancrena 4 giorni dopo, il 30 novembre 1526, a Mantova, divenendo così un mito immortale della storia delle armi italiane.
Una statua in suo onore troneggia oggi nel loggiato della Galleria degli Uffizi di Firenze dedicata ai grandi condottieri fiorentini (e italiani).