La sciagurata guerra scatenata dalla Russia in Ucraina ha, giustamente, aperto la discussione sul riarmo della maggior parte, se non tutti, dei Paesi dell’Europa occidentale che, dopo la caduta del muro di Berlino, avevano creduto di poter godere dei “dividendi della pace”, trascurando lo strumento militare, divenuto più mezzo diplomatico che strategico.
Dunque il riarmo connesso al ritorno della guerra convenzionale in Europa è, allo stato dei fatti, inevitabile. L’impegno dei Paesi NATO di destinare il 2% del P.I.L. nazionale al proprio bilancio della difesa è ormai una necessità politica connessa alla sicurezza, individuale e collettiva, degli Stati europei.
Ma il riarmo non è, o non può essere, solo di carattere materiale (aerei, navi, carri armati ecc.) ma deve essere soprattutto spirituale ossia connessa ai valori che gli Stati vogliono difendere: libertà e democrazia avanti a tutti.
Una valida testimonianza storica di questo riarmo spirituale ce la offre la Germania che, nel suo riarmo seguito alla sconfitta nella seconda guerra mondiale, si preoccupò anzitutto del riarmo spirituale dei futuri soldati della Bundeswehr elaborando una filosofia militare definita Innere Führung (letteralmente “Guida interiore”) per cui il nuovo soldato tedesco doveva essere principalmente un uomo libero, un buon cittadino e (dunque) un valoroso soldato.
Dello sviluppo dell’ Innere Führung molto si deve a colui che giustamente può essere considerato come un grande (forse l’ultimo) pensatore militare tedesco, il Generale Wolf Graf von Baudissin la cui vasta e originale opera (tra cui il fondamentale Soldat für den Frieden – Soldato per la pace pubblicato nel 1969), ahimè, non è stata ancora tradotta in italiano.
A questo pensavo riflettendo sul riarmo che anche l’Italia si appresta ad avviare: può essere l’occasione per rafforzarsi materialmente ma anche spiritualmente. Ma cosa vuol dire concretamente un “riarmo spirituale”? Significa riscoprire i valori che sono alla base della capacità operativa dello strumento militare: lo spirito (o morale) del combattente, quello che Carl von Clausewitz non a caso chiama Geist che in italiano si traduce appunto “spirito”.
E il nostro Paese ha un enorme serbatoio di storie, valori e tradizioni cui attingere per alimentare il proprio “spirito” (basti pensare alla vita e all’opera di Giuseppe Garibaldi! O all’epopea risorgimentale ma anche la missione in Libano 1982 -1984) però vanno insegnate, apprese e, soprattutto, interiorizzate da parte di tutti ma in primis dai militari italiani.
Quanto sia importante il Geist ce lo dimostra eroicamente il popolo ucraino che, facendo affidamento sul suo desiderio di libertà e democrazia e cantando l’inno nazionale che richiama la storia nazionale e dunque la propria identità, sta cambiando un destino che sembrava già scritto da chi questi valori non riconosce fino a calpestarli brutalmente.